PAPÀ PACIFICO

Voglio pubblicare per voi un mio racconto dal titolo "Papà Pacifico",

un racconto ispirato al ricordo di mio nonno che avendo lavorato come maresciallo

dell'esercito, i suoi colleghi e soldati di leva lo chiamavano "Papà Pacifico" per la sua grande bontà ed altruismo.

Con questo racconto per me è stato un grande onore aver vinto il primo premio nella sessione racconti al concorso conclusosi pochi giorni fa in memoria della cara Anita De Bernardin.


Riporto qui di seguito il mio racconto e spero che vi piaccia.





                                                                             Papà Pacifico

 

 

 

Antonio, alzatosi dal suo comodo divano, si incamminò verso la sua libreria, dove c’era, in mezzo a tanti libri, un vecchio album di fotografie.

Lo prese e lo aprì.

Era un album con dentro delle foto risalenti a trent’anni prima, agli anni in cui aveva fatto il servizio militare nel ventiquattresimo reggimento genio guastatori di Parma.

Iniziò a sfogliare quell’album facendo un tuffo dentro i suoi ricordi più cari, finchè non arrivò ad una foto che il solo fatto di vederla gli fece tanto bene al cuore. Era una foto che lo ritraeva con il suo maresciallo Luigi Sinigalli.

Si sedette di nuovo sul suo divano e, nel frattempo, continuò a sfogliare quel suo album fatto di ricordi tanto preziosi.

Fu raggiunto da Carla, sua figlia più piccola di sei anni, che gli chiese, indicando proprio quella foto in cui Antonio era con il suo maresciallo: “Chi è questo signore?”.

“Lui? E’ papà Pacifico”.

“Papà Pacifico?” chiese la bambina.

“Si, Carletta, proprio lui: papà Pacifico”.

“E perché si chiama così?” gli chiese Carla.

“.. Perché era un uomo buono, e forse, di uomini buoni come lui, io non ne ho mai conosciuti”.

“Perché.. cosa faceva di tanto buono?”.

“Non era autoritario, e.. se poteva aiutarti, ti apriva volentieri il cuore, e ti dava due o tre giorni di licenza in più di quelli che dovevi avere. E quando c’era una lite tra i ragazzi che facevano il servizio di leva, oppure tra i suoi colleghi, lui cercava sempre di mettere pace. Era.. un uomo buono, e per questo lo chiamavano “Papà Pacifico”.

Ad Antonio venne subito un’idea, telefonò ad un suo commilitone, Andrea Maresca,  che era stato guastatore con lui trent’anni prima, per chiedergli se conservava ancora il numero di telefono del maresciallo Luigi, o meglio, di papà Pacifico.

E dopo una lunga telefonata, fatta di commozione e tanti ricordi, Andrea, volentieri e con gioia, diede il numero del maresciallo ad Antonio.

Antonio compose subito il numero del maresciallo, preceduto dallo zero ottantuno, perché il maresciallo era di Napoli, ed adesso, ormai in pensione, trascorreva la vecchiaia nella sua città natia.

“Pronto?” rispose una voce di un uomo anziano.

“Pronto? Maresciallo, è lei? Parlo con il maresciallo Luigi Sinigalli?”.

“Si, sono io, ma con chi parlo?”.

“Io sono Antonio, Antonio Belmonte, ventiquattresimo reggimento guastatori, caserma Vittorio Mameli di Parma, anno millenovecentosettanta”.

“Antonio..?” ed il maresciallo cercava di ricordare “Si, Antonio, mi ricordo bene di te, soprannominato Anema longa, per la tua altezza”.

“Si, sono proprio io”.

“Mi fa veramente piacere che mi hai chiamato”.

“Come sta?” gli chiese Antonio.

“Come i vecchierelli.. Tu invece come stai?”.

“Bene”.

“E che lavoro fai? Sei sposato?” gli chiese il maresciallo.

“Si, sono sposato con mia moglie Eleonora e ho tre figlie femmine: Alice, Marta e Carletta di sei anni”.

“Bene, uaglio” -  disse in napoletano il Maresciallo -  “E cos’altro mi racconti di bello? Cosa fai nella vita?”

“Lavoro in un’agenzia di viaggi che ha mio cognato”.

“Bene” disse il maresciallo.

“Io.. conservo sempre un caro ricordo di lei e di quegli anni” disse Antonio.

“Anche io di te, caro Antonio. Ed io che ti devo raccontare.. Sono pensionato e vivo con mia figlia, perché la mia signora, pace all’anima sua, è passata a miglior vita sette anni fa. Vivo con mia figlia, mio genero e mio nipote Alessio. Adesso vuoi sapere quanti anni ho? Ho ottantaquattro anni”.

“Bene” disse Antonio.

“Però, vedi, ho un dolore nel cuore: il mio nipotino Alessio non sta tanto bene”.

“E come mai” chiese Antonio.

“E dunque, è capitato che dei ragazzini a scuola hanno fatto i prepotenti con lui e lo hanno picchiato, e da allora, da quel giorno in cui è successa questa cose, mio nipote Alessio è cambiato radicalmente, parla molto poco e passa le sue giornate, per la maggior parte, chiuso dentro la sua stanza. Quello è la luce degli occhi miei, e, mai come in questo periodo, io lo vedo strano, e ho dentro il cuore, te l’ho già detto, un grande dolore”.

“Ricordo una cosa bellissima” – disse Antonio – “Che quando succedevano litigi tra i ragazzi di leva della nostra camerata, veniva sempre lei, maresciallo, a calmare gli animi e i bollenti spiriti. Lei metteva sempre pace, sempre e comunque”.

“E’ per questo che poi mi iniziarono a chiamare “Papà Pacifico” disse il maresciallo.

“Si, è proprio così” disse Antonio.

“Ma vedi, ritornando al fatto di mio nipote, è anche perché oggi la società è cambiata. Prima, se anche due ragazzi si litigavano, non si facevano, reciprocamente, lo stesso male che si fanno adesso.

Oggi il male, anche quello che si muove attraverso le parole, è mosso da un profondo odio, ed è quello che fa male, più di ogni altra cosa. Vedi ragazzi anche molto piccoli di età che sanno come dare le botte, sanno come farti del male e lo fanno  con sicurezza e precisione. I ragazzi di una volta.. erano diversi” disse il maresciallo.

“E adesso suo nipote Alessio dove sta?” chiese Antonio.

“E.. adesso sta sempre in camera sua, che stranamente ha la porta non chiusa, e sta riposando un po”.

“Mi dispiace proprio moltissimo che un ragazzo, un bravo ragazzo come suo nipote, debba pagare tutte queste sofferenze ed anche lo scotto di tanto odio.. gratuito poi”.

“E si, uagliò, è proprio così. Ma tu nun saie che piacere m’he fatt’ cu sta telefonata..” - disse in napoletano il maresciallo facendosi trasportare da un moto spontaneo del cuore che gli dava molta sincerità nell’esprimersi - “Overamente m’he fatt’ felice. Grazie, uagliò”.

“Grazie a voi, maresciallo. Se mi date il vostro indirizzo, vi vorrei far recapitare una cosa, un piccolo regalo”.

“Grazie, Antonio, ma mo nun te mettere in cerimonia..” disse il maresciallo.

“E’ una cosa che a me fa piacere fare. La prego, non mi neghi questo piacere”.

“Va bene” – disse il maresciallo – “Il mio indirizzo è: Corso Vittorio Emanuele 12, Napoli”.

 

 

Passarono due o tre giorni, finchè il maresciallo  si vide recapitare a casa una lettera.

La apri e vi trovò una foto che lo ritraeva con Antonio vicino alla bocca di un cannone trent’anni prima, ed avevano entrambi una mano sulla spalla dell’altro. Con la foto c’era anche un foglio scritto a penna che riportava scritte queste parole.

“Maresciallo caro, le mando una foto che ho conservato sempre gelosamente per tanti anni. In questa foto ci siamo io e lei in uno, credo, dei periodi che sono stati i più felici della mia vita, anche perché accanto a me c’era un padre ed un amico.. che era lei.

Quando parla con suo nipote, gli ricordi quello che a me lei insegnò tanti anni fa, cioè che si è dei veri uomini non quando si fa del male agli altri, ma quando si stringe forte la mano degli altri, in segno d’amore e di affetto, e quindi di non belligeranza. Gli dica che si è una persona che vale, quando si fa del bene.. del bene.. come sempre ha fatto lei, maresciallo caro”.

Qui finisce la nostra storia.

Quando si lascia e si semina nel cuore di qualcuno un bel ricordo, questo ricordo sarà come una pianta che farà sempre frutti, anche a distanza di tanti anni.

 

Dedicato ed ispirato

alla figura di mio nonno, Luigi Festa.

                                                     

                                             

                                                                                                                           Cristiano Cuturi.

 

 

 



Commenti

  1. Questo testo ha emozionato tutta la giuria. Complimenti per il premio. Grazie di aver voluto onorare il ricordo di Anita, la mia dolce sposa.. Un abbraccio caro Cristiano

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    1. Un abbraccio a lei, caro Luciano e grazie sempre di cuore.

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  2. Questo racconto breve mi ha colpito per la sua spontaneità e semplicità, qualità che ad Anita non mancavano, e per la capacità di dare emozioni forti attraverso l'amore verso una grande figura paterna, il nonno, verso un bimbo che vive un episodio di bullismo, e i ricordi, quelli che devono essere linfa vitale e non mancare mai. Complimenti !!!

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    1. Caro Marco la prossima edizione del Concorso dedicato ad Anita ti chiederò di fare parte della giuria. Sarei felice se accettassi, Sei un caro amico.🌹

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    2. La ringrazio, signor Ruggiero, per le belle parole spese per commentare il mio racconto. Grazie mille.

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